Il sistema LEGO® Powered Up – Scopriamolo fino in fondo (Parte 1)

Premessa.
I prossimi 18 mesi circa segneranno una transazione particolarmente significativa per il mondo AFOL: il pensionamento dei componenti Power Function. Il loro posto sarà progressivamente preso dal sistema Powered Up (noto inizialmente anche come Power Function 2) che ha visto la sua primordiale uscita nel 2018 con i treni LEGO 60197/60198 e nella successiva Batmobile radiocomandata 76112. È bene sapere che i componenti Power Function attuali (successivamente identificati come PF) resteranno comunque nel catalogo LEGO® fino al termine del 2020, benché il pacco batterie ricaricabili non sia già più disponibile da dicembre 2018.

Ho quindi pensato di scrivere una serie di articoli (di cui questo è sostanzialmente l’introduzione), al fine di evidenziare pregi, difetti, differenze tra Powered Up (da qui in poi, PU) e Power Function analizzando tutte le caratteristiche tecniche a oggi note, gli scenari applicativi, esempi pratici d’uso e di programmazione e qualche workaround per poter ‘integrare’ i due sistemi.

È bene tenere a mente che il PU è un sistema neonato e quindi, a una prima comparazione con il PF, rischia di non fare una così bella figura. D’altra parte il sistema PF ha sulle spalle diversi anni di sviluppo (i primi elementi furono messi in commercio nel 2007) ed è oggi composto da diversi tipi di motore, pacchi batteria piccolo e grande, cavi prolunga e, non meno importante, offre una retro-compatibilità con i vecchi sistemi 9V degli anni 90. Dal canto suo, il PU si presenta con la novità più evidente di essere “gestito” da smartphone/tablet. Il recente rilascio di una versione aggiornata dell’app PU e i nuovi componenti che saranno introdotti ad agosto 2019 con il set Technic 42100, lasciano intravedere un interessante sviluppo futuro per questo nuovo sistema.

Brevi cenni storici.
Prima di addentrarci nell’analisi tecnica “PU vs PF”, vorrei fare un breve riepilogo storico sui componenti elettro-meccanici realizzati nel corso del tempo da LEGO. La possibilità di integrare movimenti meccanici controllati da energia elettrica nei set LEGO è qualcosa che risale al lontano 1965 quando, in collaborazione con Samsonite, in USA, fu prodotto il primo motore alimentato a batterie per movimentare ingranaggi e ruote (foto set).

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Da allora, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia e di motori elettrici, sistemi di controllo, luci e sistemi sonori ne sono stati prodotti così tanti che vi sfido a conoscerli tutti. Control Lab, Record & Play, Code Pilot, Micro Scout, LEGO Technic Interface A, Mindstorm Scout, Spybotics, RCX, Control Center, NXT, EV3, WeDo, Power Function, Light & Sound, fino ai più recenti Boost, Powered Up e Spike Prime, sono i nomi dei vari sistemi di integrazione elettro-meccanica, molti dei quali programmabili nella loro logica di funzionamento (mediante PC, barcode o, più semplicemente, con sequenze temporali di attivazione) con vari livelli di complessità.

Alcuni di questi prodotti nacquero (e rimasero confinati) nella linea DACTA, poi divenuta Educational nel 1989, ovvero quella linea di prodotti specializzati in ambito didattico-educativo-scolastico al fine di affiancare, con esercizi e attività pratiche, le discipline STEM. A questi si affiancarono i vari sistemi di controllo dei treni, dall’affascinante sistema 12 V (persino con scambi motorizzati, semafori, luci, decoupler, passaggi a livello…) ai più diffusi e semplici sistemi degli anni 2000 basati su telecomandi a raggi infrarossi.
Per mia “deriva professionale” (sono diplomato in Elettronica e Telecomunicazioni e programmatore autodidatta dai tempi dello ZX Spectrum) ho avuto modo di “giocare” con molti dei sistemi sistemi LEGO sopracitati, toccando con mano le potenzialità e i limiti che ognuno di essi presentava.
Appena è iniziata a circolare la notizia del nuovo sistema Powered Up ho quindi iniziato a documentarmi per scoprire quali novità potesse offrire rispetto al passato (e al presente) dal punto di vista tecnico, soprattutto agli AFOL più “smanettoni”: quelli a cui piace dotare di funzioni elettromeccaniche le proprie MOC Technic, quelli a cui piace giocare con il GBC – Great Ball Contraption e, non di meno, quelli a cui piace aggiungere effetti di movimenti ai propri diorami, che siano City, Space o persino Castle.
Non vi nascondo che, in un primo momento, il sistema PU mi lasciò particolarmente deluso… ma, pian piano, stanno emergendo interessanti novità e rosee prospettive di cui parleremo appunto nel corso di questi articoli 😉

Torniamo a oggi.
Tutti i sistemi che ho citato poc’anzi, in un modo o nell’altro presentano ognuno dei limiti soprattutto per l’AFOL più intraprendente ed esigente. Spesso e volentieri, i più smanettoni hanno “hackerato” i vari componenti per estenderli oltre quanto avesse inizialmente progettato LEGO (molto nota tra gli AFOL-Maker la pagina di Michal Gasperi per citare uno dei tanti esempi) o, più semplicemente, per supportarli anche su sistemi operativi più recenti/diversi dato che molti di questi sistemi erano legati a software che potevano essere eseguiti solo su specifiche versioni di Windows 95/DOS (vedi, ad esempio, il software in C# per il Technic Interface A). C’è chi invece è andato oltre e ha usato alternative (Arduino, principalmente) per creare il proprio sistema di controllo evoluto (su YouTube potete perdervi nel vedere quanti progetti esistono sul tema) e altri ancora hanno persino visto un’opportunità commerciale nel realizzare prodotti che facessero fronte alle lacune dei sistemi LEGO, soprattutto parlando del più diffuso Power Function: nomi come SBRICK, BuWizz, PFx Bricks, 4D Brix sono oramai ben noti agli AFOL e, nonostante il loro prezzo, hanno trovato larga diffusione tra coloro (molti…) che avevano l’esigenza di superare i limiti del sistema PF.

PU vs PF
Prima di iniziare ad entrare nel dettaglio dei vari componenti, vediamo una panoramica dei due sistemi:

Si nota subito una differenza nel numero di elementi ma è bene tenere sempre a mente che il sistema PU è disponibile solo da qualche mese e che sicuramente sarà espanso nei prossimi mesi/anni.
Sebbene ad oggi, il nuovo sistema presenta solo 3 motori rispetto ai 5 dei PF (inclusi quelli dei treni), possiamo notare la presenza di nuove tipologie di componenti “sensori” (sono inclusi anche quelli WeDo 2.0, in quanto compatibili) che non hanno alcun riscontro nel “vecchio” sistema.

Iniziamo l’analisi.
Ma qual’è il limite più grosso del sistema PF? Sostanzialmente è la tecnologia utilizzata per il controllo remoto, basata sui raggi infrarossi (IR – Infrared). Quando il PF uscì nell’ormai lontano 2007, tale tecnologia rappresentava la miglior scelta per lo scenario applicativo (controllo remoto a breve distanza). Oggi la tecnologia IR non è più così ideale dato che il più flessibile BLE (Bluetooth Low Energy), o il più potente WiFi, sono oramai implementabili con una facilità disarmante e sono disponibili come standard su qualsiasi dispositivo “smart”, a partire dai telefoni cellulari.
La tecnologia a raggi infrarossi, benché da sempre largamente utilizzata per il controllo remoto di oggetti a breve distanza, soffre in particolari condizioni di luce ambientale e, soprattutto, richiede un “contatto visivo” tra telecomando e ricevitore. Ecco quindi che il BLE, essendo una tecnologia basata su trasmissione di onde radio a 2,4 Ghz a basso consumo energetico, supera i limiti dell’IR seppur mantenendo un raggio di azione ristretto (circa 10 metri) che, nello specifico scenario applicativo del mondo LEGO, non è poi così particolarmente importante (per approndire l’argomento IR vs BT, suggerisco la lettura di questo articolo).

Un altro difetto del PF è la dimensione dei componenti base (ricevitore IR + pacco  batteria) rapportata al numero di motori/luci controllabili: 2 per ogni ricevitore. In realtà, il limite non è così preciso, considerato che una della caratteristiche del connettore PF è la possibilità di impilare i connettori alimentando/controllando più motori contemporaneamente e il limite è quindi riferito al numero dei canali di controllo disponibili su un singolo ricevitore IR. Lo SBRICK (la più diffusa soluzione di terze parti per il controllo remoto dei componenti PF) nello stesso spazio di un ricevitore IR LEGO permette di controllare fino a 4 canali differenti e, soprattutto, di essere posizionato anche in parti nascoste della nostra MOC, dato che comunica via BLE.

C’è comunque da sottolineare che il PF, almeno al momento in cui scrivo questo articolo, presenta alcuni pregi rispetto al PU e di cui non si ha alcuna notizia di una loro implementazione futura: i cavi prolunga, la possibilità di azionare motori senza l’uso di telecomandi, la possibilità di interfacciarsi con il motori e regolatori di velocità del sistema 9V uscito negli anni 90. Quest’ultima caratteristica è apprezzata/richiesta soprattutto da coloro che giocano con i moduli GBC e, in linea di massima, da chiunque debba alimentare per lunghe ore le proprie MOC/circuiti ferroviari/diorami, dato che con un alimentatore 9V (e il rispettivo regolatore di velocità 2868b), si possono facilmente pilotare motori e luci del sistema PF senza utilizzare una miriade di batterie.
Non bisogna dimenticare che il PF si è evoluto-espanso nel corso di alcuni anni e che il PU è disponibile da meno di uno… Il cavo di prolunga/adattamento PF-9V, per essere obiettivi, uscì solo 2 anni dopo l’introduzione iniziale del sistema PF. Quindi, tempo al tempo, sperando che in un prossimo futuro anche il PU possa offrire alcune importanti caratteristiche del PF, affiancate dalle più recenti funzionalità in termini di connettività e programmazione peculiari del sistema stesso e che approfondiremo più avanti nel corso di questi articoli.

Lo smart hub.
Partiremo dall’analizzare il nuovo “smart hub”, cuore del sistema Powered Up che racchiude, le funzionalità del ricevitore IR PF (codice 8884) e del pacco batteria (codice 88000).

Già in termini di ingombro fisico, il PU risulterebbe essere più versatile dato che elimina del tutto il ricevitore IR (vedi foto più sopra con i motori collegati). Questo è particolarmente vero se pensiamo alla motorizzazione di un treno. Ma nel momento in cui dovessimo controllare più di 2 motori, saremo costretti ad aggiungere un secondo smart hub perdendo nuovamente spazio, a differenza del PF per il quale è sufficiente aggiungere il solo ricevitore. Questa situazione potrebbe cambiare ad agosto, con l’uscita del Control+ (il ‘fratello maggiore’ dello smart hub) di cui parlerò più avanti.
Come già anticipato, la novità di rilievo è la diversa tecnologia di trasmissione tra l’hub e il telecomando: BLE anziché raggi infrarossi. Questa tecnologia offre la possibilità di controllare l’hub non solo tramite l’apposito telecomando, ma anche tramite qualsiasi altro dispositivo BLE per cui esista un software di controllo. Oltre all’app ufficiale LEGO, è “sufficiente” una implementazione del protocollo di comunicazione sviluppato da LEGO e la cui documentazione è stata resa pubblica con lo scopo di consentire a terze parti di integrarsi con l’ecosistema PU.

Esistono già diverse librerie open source che implementano il protocollo del PU permettendo di interagire con l’hub da Windows, Android, Linux, IOS. In particolare, vi segnalo quella di Nathan Kellenicki, che uso personalmente con enorme soddisfazione nel mio sistema ATS basato su Raspberry Pi & Raspbian (distro Linux specifica per la scheda del ‘lampone’)

Lo smart hub PU presenta solo due porte e pertanto i dispositivi collegabili possono essere al massimo 2. Il nuovo tipo di connettore e il sistema di identificazione digitale del componente connesso non consentono un collegamento in “parallelo” di più motori/luci, così come è possibile fare con il PF. Senza entrare troppo in noiosi tecnicismi elettronici, vi assicuro che questo limite è insuperabile. A una porta può essere connesso solo e soltanto un singolo tipo di device.

Alle porte dello smart hub possono essere collegati non solo attuatori come motori e luci, ma anche sensori (notare, infatti, le frecce bidirezionali incise sullo chassis)… una novità assoluta, se paragonata al PF.
In particolare è possibile utilizzare il sensore di luce/colore/prossimità e il motore tachimetro che sono stati introdotti con il set Boost 17101. Per la precisione, il motore bb893c01 (terzo da sx, nella foto qui sotto) implementa un’interfaccia elettronica basata su un encoder ottico che, oltre a consentire un utilizzo al pari di un motore passo-passo (stepper), può essere sfruttato anche come semplice sensore di rotazione (seppur ingombrante). Inoltre è anche  possibile utilizzare il sensore di movimento e quello di inclinazione del sistema WeDo 2.0.
La possibilità di utilizzare questi componenti (confidando anche nella futura disponibilità di nuove tipologie di sensori) apre scenari molto interessanti, soprattutto da quanto è stata rilasciata una nuova versione dell’App per Android e IOS (ver. 2.1.0, rilasciata a metà aprile) con la quale è possibile, in modo molto semplice e intuitivo, creare delle sequenze di azionamento degli attuatori (motori e luci) basate su logiche anche particolarmente complesse e basate, volendo, sui dati rilevati dai sensori.

Per fare un esempio pratico e molto banale, ora è possibile “programmare” il comportamento di un treno LEGO facendogli cambiare velocità lungo il percorso, fermarlo presso una o più stazioni, per poi farlo ripartire dolcemente fino a raggiungere la velocità di crociera. Oppure è possibile realizzare una macchina/robot che gira per la nostra casa evitando gli ostacoli che si troverà davanti al suo percorso.

Quello che segue è un video in cui viene mostrato appunto il controllo di un treno, con il cambiamento di velocità lungo il percorso e la sosta temporanea, il tutto controllato tramite tile colorati posizionati sui binari.

E’ abbastanza evidente che oggi diventa molto più semplice aggiungere un minimo di dinamismo nei nostri diorami City o un minimo di intelligenza artificiale ai nostri mezzi Technic.

All’interno dello smart hub PU non è quindi presente solo un banale ricevitore Bluetooth LE che trasforma i comandi in segnali di controllo per il motori, ma un vero e proprio microcontrollore (basato sul chip Arm® Cortex®-M0 32-bit RISC con frequenza di lavoro di 48 MHz, particolarmente potente per questo tipo di applicazione) sul quale è in esecuzione un apposito software (chiamato “firmware”) aggiornabile nel tempo e quindi con la flessibilità di essere evoluto e migliorato (al momento sono già stati rilasciati due aggiornamenti del firmware).

(fonte foto: Eurobricks)

In realtà, almeno allo stato attuale, lo smart hub è meno smart di quanto potrebbe effettivamente essere considerato l’hardware utilizzato. A oggi, infatti, senza uno smartphone/tablet, non è in grado di funzionare autonomamente seguendo un programma pre-caricato dall’utente: il vero “cervello” applicativo è esclusivamente l’App installata sullo smartphone/tablet che, sulla base delle istruzioni impartite dall’utente, esegue la sequenza di comandi ed invia le necessarie istruzioni all’hub, ricevendo ed interpretando parallelamente i valori di eventuali sensori collegati. Pertanto, senza App, lo smart hub non offre nessuna funzionalità avanzata di controllo dei dispositivi connessi.

Un’altra diversità dello smart hub, rispetto al pacco batteria+motore del sistema PF è che non può funzionare autonomamente. E’ strettamente necessario utilizzare il telecomando dedicato o, in alternativa, l’App installata sul telefono. Nel sistema PF, invece, è sufficiente collegare il motore al pacco batteria ed azionare il pulsante di accessione per attivare la rotazione del motore.

Nonostante i limiti finora evidenziati, gli scenari applicativi del nuovo PU sono ampi ed interessanti soprattutto se si pensa all’uscita del prossimo componente della famiglia Powered Up: l’hub Control+.
Sarà introdotto (in due unità) nel nuovo set Technic 42100 (uscita prevista per il 1° agosto) e il cui unico aspetto tecnico noto, a oggi, è che l’hub avrà ben 4 porte di I/O e, molto probabilmente, un sensore di inclinazione interno (come nel move hub del Boost).
Con 4 porte a disposizione, si inizia ad avere una grande flessibilità nell’utilizzo combinato di sensori e motori… inoltre, la nuova versione dell’App che sicuramente sarà rilasciata in concomitanza dell’uscita del set, permetterà di controllare più hub parallelamente… insomma, ci aspettano grosse novità e la possibilità di rendere più animate le nostre MOC senza necessariamente dover utilizzare un EV3/NXT.

Tornando al set Technic, sappiamo che utilizzerà la bellezza di 7 motori e chissà se, tra questi, verrà presentato uno o più nuovi modelli che prenderanno (in futuro) il posto degli attuali L, XL e Servo. Non ci resta che attendere ancora qualche settimana per scoprire tutte queste novità…

Nota: In questa foto si nota, seppur con poca definizione, la forma del nuovo Control+ (riquadro giallo) e alcuni immagini della nuova App.

Sperando di aver stuzzicato un po’ di curiosità e fornito qualche spunto di riflessione sull’argomento, vi anticipo che nei prossimi articoli analizzeremo le caratteristiche dei nuovi motori PU, i sensori Powered Up e, soprattutto metteremo tutto insieme per utilizzare l’App per le varie esigenze “AFOL”.

Nel frattempo, vi invito a partecipare alla discussione sul forum ItLUG specificamente dedicata al sistema Powered Up dove potrete trovare ulteriori riflessioni, informazioni ed approfondimenti.

The Art Of The Bricks: DC Super Heroes

Nathan Sawaya è un artista statuniteste, certificato da The LEGO Group come “LEGO® Certified Professional” e “LEGO® Master Builder”, conosciuto per le sue sculture tridimensionali e mosaici raffiguranti oggetti della vita quotidiana, opere architettoniche e opere d’arte realizzate in mattoncini LEGO®. Le sue opere sono commissionate da aziende, privati, musei e gallerie di tutto il mondo.

ATTENZIONE: nel seguito sono riportate solo alcune foto in risoluzione ridotta. Dell’altra mostra di Nathan, vista per la prima volta ad Amsterdam nel 2014, ho parlato in questo articolo.

Negli scorsi anni, ItLUG® ha visitato “The Art Of The Brick” a Roma (Spazio Eventi SET, 2015-2016) ed a Milano (Fabbrica del Vapore 2016-2017). In entrambe le occasioni la nostra associazione ha partecipato all’inaugurazione della mostra ed ha organizzato attività dedicate ai visitatori, agli AFOL e ai TFOL. A Roma ha avuto anche modo di poter intervistare Nathan Sawaya, come vi abbiamo già in un precedente articolo. Qualche giorno fa, ItLUG è stata invitata a partecipare all’inaugurazione della nuova mostra di Nathan, “The Art Of The Brick: DC Super Heroes”, a Roma. “The Art Of The Brick: DC Super Heroes” è una mostra composta da oltre 120 opere ispirate al mondo dei Super Heroes e Super Villains del mondo DC. La mostra è allestita presso il Palazzo degli Esami (quartiere di Trastevere): l’interno del palazzo ha una storia travagliata di ristrutturazioni e lo stato attuale dello stesso contribuisce all’atmosfera “Gotham City” della mostra.

Durante la conferenza stampa Nathan ha parlato dei 18 mesi e dei 2 milioni di mattoncini impiegati per costruire le opere esposte ed ha risposto alle varie curiosità dei giornalisti. Parlando dei super eroi ha spiegato che i suoi preferiti sono Green Lantern, capace di poter creare tutto ciò che immagina, e Bunker, capace di creare con la mente costrutti composti da mattoni (notate la similitudine?!). Ad un giornalista che gli chiede se “si immagina come un super eroe” risponde “non mi sento un super eroe, semplicemente mi sento fortunato di aver trovato qualcosa che mi piace fare e sono felice che le mie opere ispirino altri a costruire”.

Subito dopo la conferenza stampa, Nathan ha guidato i partecipanti attraverso la mostra, commentando alcune opere in ogni sala. Una piccola curiosità da AFOL: prima del classico video introduttivo, sono esposte alcune MOC (che gli organizzatori ci hanno detto essere opere di Nathan): queste creazioni sono le ambientazioni di video con protagonisti i supereroi più famosi della DC che vengono proiettati subito dopo la biglietteria.

La mostra inizia con un “Yellow” modificato e con un particolare modo per rappresentare i super eroi della DC: semplici cilindri in plexiglass riempiti a strati con i mattoncini LEGO nelle “giuste colorazioni”. Nella foto qui sotto, partendo dalla sinistra: Superman, Green Lantern, Wonder Woman, Aquaman, Batman, Flash, Cyborg, e “noi stessi” (i tanti colori indicano la nostra complessità e la nostra ricerca per capire chi siamo). Nathan si è soffermato molto su questa prima istallazione per sottolineare come la nostra mente riconosca subito il super eroe rappresentato solo attraverso dei colori.

La prima grande sala ospita anche le sculture dedicate a tutti i super eroi che hanno fatto parte della Justice League. Come in The Art Of The Brick, Nathan ha riprodotto un opera 2D, in questo caso le copertine dei fumetti DC, in opere 3D: opere del genere sono sempre accompagnate dal fumetto originale.

Nella seconda sala sono esposte alcune creazioni particolari. Facendo uso di colori e forme semplici Nathan riproduce i super eroi più conosciuti della Justice League.

Proprio al termine di questa sala, i presenti hanno partecipato a un fuori programma. A Roma, nel 2015, il curatore della mostra Di Gioia aveva chiesto a Nathan di realizzare qualcosa con i mattoncini vintage della propria collezione. Nathan lo ha accontentato, realizzando per lui una piccola riproduzione di Eroe Interiore che gli ha donato davanti a noi.

La mostra prosegue con alcune sculture di medie dimensioni. In questa sala trova posto la riproduzione della Lincoln Futura, la famosa Batmobile degli anni 1966-68.

Si entra in una stanza con sculture a grandezza uomo dedicate a Batman, Wonder Woman, Flash, Superman e Cyborg arricchite da un curatissimo allestimento tematico: forse la sala più bella.

Dopo i super eroi, non possono mancare i super villains: del resto non c’è bene senza male! Veramente impressionante il gigantesco volto del Joker, che emerge dal buio grazie ad un curato gioco di luci.

Wonder Woman (ed il suo Jet Invisibile) e Superman hanno una sala a loro interamente dedicata. Molto fantasiosa la rappresentazione del Jet Invisibile di Wonder Woman. Tra queste opere, “Spinta” (Superman che lotta contro il suo stesso mantello) rientra nelle preferite da Nathan che la commenta dicendo “spesso dobbiamo combattere contro i limiti che noi stessi ci creiamo”.

Si arriva ad una sala dedicata Justice League., dove troviamo nuovamente rappresentazioni, stavolta in forma di mosaico, delle copertine dei fumetti.

La penultima sala riesce a rievocare, grazie anche all’altissimo soffitto che lascia intravedere lo stato degli interni dell’edificio, l’ambientazione di Gotham ed è interamente dedicata a Batman. Potete trovare un altro rimando alle opere di The Art Of The Brick: il busto di batman con il braccio non ancora ultimato ricorderà a chi ha visto l’altra mostra un’opera in particolare.

La mostra si conclude con la gigantesca Batmobile, pensata da Nathan in collaborazione con i disegnatori della DC, l’area di gioco libero ed il gift shop.

La mostra The Art Of The Brick: DC Super Heroes è molta diversa rispetto dalla The Art Of The Brick “classica” e non può mancare nel bagaglio di un AFOL. L’allestimento gioca un ruolo fondamentale nel catturale l’attenzione dei visitatori. I giochi di luce, tipici delle mostre di Nathan, sono studiati per far risaltare le opere in mostra: le fotografie non rendono certo giustizia a queste opere. AFOL e/o appassionati del mondo dei supereroi apprezzeranno sicuramente questa nuova mostra.

Trovate informazioni su Nathan Sawaya e sulla mostra all’inidirizzo ufficiale.

Visita alla LEGO® House

Questo post è un po’ in ritardo (c’è stato Borgoricco di mezzo e Lecco si sta avvicinando!)

Due settimane fa, come abbiamo già raccontato, eravamo alla LEGO® House per la “posa” delle opere di Cristiano Grassi nella Masterpiece Gallery. Prima di metterci all’opera però, Stuart Harris (Senior Experience Designer della LEGO House) e Jan Beyer ci hanno fatto fare un breve tour della casa che, ricordiamo, aprirà ufficialmente il 28 settembre (dopo alcune pre-aperture ad agosto e a settembre).

Avevo già avuto modo di visitare gli interni della LEGO House due volte, in passato: lo scorso settembre dopo il Fan Weekend di Skærbæk (era ancora tutto in costruzione ed eravamo potuti entrare solo nella piazza interna al piano terra) e a marzo di quest’anno, in occasione della conferenza stampa LEGO annuale, tenuta proprio all’interno della LEGO House (la costruzione era finita, ma tutte le stanze erano vuote e l’Albero della Creatività era “a pezzi” sul pavimento della piazza).

Oggi invece l’edificio è praticamente finito, tutte le zone si stanno popolando con i contenuti finali e alcune sono già quasi pronte.

Innanzitutto va detto che l’edificio è veramente enorme. Può sembrare più piccolo se lo si guarda da fuori da troppo vicino, ma è solo perché non si ha una visione d’insieme. Se ci si allontana un po’ e lo si osserva nel contesto del paese, le dimensioni sono davvero notevoli. Si tratta anche dell’edificio più alto di Billund (paese non propriamente noto per i suoi grattacieli). Al momento, all’esterno, i lavori sono concentrati sulla deviazione del torrente che scorrerà di fronte alla casa. I piani iniziali erano di farlo scorrere all’interno, ma sono stati in seguito modificati per ovvi motivi.

Ole, Kjeld e Godtfred.

Entrando nella casa da uno qualsiasi dei suoi ingressi si giunge nella Ole Kirks Plads, la piazza coperta dedicata al fondatore Ole Kirk Kristiansen che farà parte delle zone aperte gratuitamente al pubblico. Ora è naturalmente fa da base e deposito per tutto il materiale che deve essere ancora posizionato nella casa, ma si possono già notare ai suoi angoli il LEGO Store (scaffali ancora vuoti, ma grosse statue e bassorilievi LEGO già posizionati al di sopra di questi) e gli spazi dei tre ristoranti (uno dei quali presentato qualche giorno fa in questo video live di Facebook).

La scala centrale gira attorno al fantastico Albero della creatività, sul cui tronco si possono trovare riferimenti alla storia LEGO (i nome di Ole, Godtfred, Kjeld e Thomas o la sagoma della papera di legno) e sulle cui foglie sono posati set da temi storici come Classic Space, Town o Castle.

Albero della creatività

La stanza più alta di tutte, la cosiddetta Keystone a forma di mattoncino 2×4, contiene la Masterpiece Gallery. Lungo le pareti delle bellissime vetrine conterranno le opere di 17 AFOL provenienti da tutto il mondo (per ora c’è solo Cristiano!) mentre nei tre “tubi” centrali (è pur sempre un mattoncino 2×4) invece ci sono al momento i tre dinosauri: DUPLO, System e Technic. Due di questi sono stati issati lì dalla piazza sottostante proprio mentre eravamo presenti (senza la testa però!). Sono davvero fantastici, non sono le “solite” statue LEGO costruite con normali mattoncini, qui si sono davvero dati da fare e hanno sfruttato al massimo le potenzialità di ogni genere di pezzo!

Scendendo al piano inferiore ci si trova nella stanza del World Explorer… una stanza con alcuni diorami in scala minifig (hanno avuto una consulenza AFOL). Parte di questi diorami è incollata, ma buona parte non lo è perché nel tempo dovrà essere modificato ed evolvere. Una particolarità (che non riguarda solo il World Explorer, ma tutto l’edificio): quando qualcosa finisce con l’essere posizionato al di sotto della Keystone (quindi nella parte centrale dell’edificio), questo diventa DUPLO… anche se sta in un diorama! Stuart ci ha indicato decine di scenette che hanno luogo nel diorama, ma in realtà ce ne sono molte di più e credo che noi AFOL potremmo tranquillamente passare qualche ora anche solo in questa sala.

Le altre zone erano ancora in allestimento, ma non posso fare a meno di citare la zona in cui i visitatori potranno creare il loro video; la zona in cui si dovrebbero poter costruire tutte le minifig (tranne quelle con licenza); la zona in cui si costruiscono dei piccoli edifici microscale per popolare una città; la zona di costruzione libera (con le grosse cascate LEGO e DUPLO); la zona in cui si potrà creare il proprio pesce LEGO che verrà poi inserito in un acquario virtuale… e chissà quante altre cose non abbiamo visto o mi sto dimenticando.

Non dimentico però di certo la mia zona preferita! Scendendo dalle scale laterali (le cui pareti passano dai mattoni bianchi dei piani alti, a quelli colorati dei piani “medi”, a quelli neri del fondo) si giunge nel piano interrato… nella History Collection! All’ingresso si potrà trovare una vetrina nel pavimento (in allestimento quando abbiamo visitato) in cui verranno posizionati degli stampi storici, dopodiché si entra e si può fare un giro completo di storia LEGO attorno alla stanza centrale, posizionata esattamente al di sotto della Keystone e anche in questo caso un mattoncino 2×4. In questa stanza centrale nelle vetrine laterali si possono già vedere, sia in scatola, sia montati, moltissimi dei set più importanti della storia LEGO. Nei tre tubi centrali invece ci sono speciali esposizioni (ora c’erano i treni, per esempio e dei set Technic). Ci saranno anche dei monitor dove richiamare l’intero database storico dei set LEGO. Sono certo che in futuro passerò ore qui dentro, anche se temo che purtroppo, essendo un piano interrato, non si possa stare per più di 20 minuti alla volta per motivi di sicurezza!
All’esterno della stanza le pareti sono piene di cimeli, foto e informazioni relative alla storia LEGO (se siete mai stati nella LEGO Idea House sapete di cosa sto parlando e se non ci siete mai stati… be’, è praticamente un museo!) E c’è pure ItLUG!

Un’altra cosa molto interessante è il braccialetto elettronico che verrà dato a tutti i visitatori e dove verranno memorizzate tutte le creazioni e tutte le informazioni che il visitatore deciderà di aggiungerci e che potrà poi trovare direttamente nel suo account, senza quindi dover stare a preoccuparsi di dover recuperare una chiavetta o farsi stampare foto o questo tipico genere di cose “antiche”.

Insomma, la LEGO House promette di essere veramente un’esperienza fondamentale per ogni AFOL e personalmente non vedo l’ora di tornarci!

Potete trovare la galleria completa delle immagini sul nostro account Flickr.

LEGO Batman – Il film (Blu Ray)

Se vuoi rendere il mondo un posto migliore, guarda te stesso e cambia le cose, Hooo
Batman

Grazie al supporto di Warner Bros, l’associazione ItLUG ha avuto la possibilità di ricevere in anteprima il Blue Ray di “LEGO Batman – Il Film”, la seconda pellicola cinematografica realizzata in questi anni da Warner Bros in collaborazione con The LEGO Group.
Dopo il grande successo di “The LEGO Movie”, Warner ha prodotto un film di animazione diverso dal primo e dai ritmi frenetici

Diretto dal Chris McKay già supervisore delle animazioni del precedente Lego Movie, questo Lego Batman è una discreta sorpresa e un film che non dovreste sottovalutare: Seth Grahame-Smith, autore del soggetto e coautore della sceneggiatura, ha infatti frullato in un’ora e mezza tutta la mitologia del personaggio, che regge con una solida base di simpatia e serietà tematica una superficie di pura follia comica. Non si tratta di una semplice parodia, anche se quest’intenzione ovviamente qui e lì affiora: più che nel regno della dissacrazione, siamo nello sfottò tra amici, che possono prendersi in giro quanto vogliono, perché mantengono un rispetto reciproco dovuto a un legame di decenni. Lo stesso legame che il pubblico ha con l’Uomo Pipistrello.
(tratto Comingsoon.it )

Uscito nelle sale ad inizio febbraio del 2017, si è giocato gli incassi contemporaneamente all’uscita di “Cinquanta sfumature di nero”: Batman (che è “total black”) è uscito a testa alta da questo confronto… considerato che, globalmente, ha incassato oltre 310 milioni di dollari!

Ecco quindi che, terminata la fase di distribuzione nelle sale e nei circuiti delle Pay-TV/on-demand, il film arriva nella versione “home edition”, sia in Blu Ray (normale e 3D) e in DVD.
Il pacchetto promozionale che Warner Bros ci ha inviato comprende:
– Il Blu Ray di “LEGO Batman – Il Film”, nella versione Blu-Ray con due dischi (uno per la versione 2D ed uno per la versione 3D, per il quale è necessario un TV 3D).
– Polybag #30522 – Batman in the Phantom Zone;
– Polybag #30523 – The Joker Battle Training;
– Polybag #30524 – The Mini Batwing;
– Lo Story Pack #71264 Lego Dimension (estensione del videogioco “LEGO Dimension” dedicato al film, e di cui potete leggere una dettagliata recensione su Brick Fanatics)

Per coloro che non hanno ancora visto il film, preferiamo non svelare nulla della trama: sappiate comunque che non vuole essere uno spin-off della pellicola del 2014 (The LEGO Movie) ma è un film del tutto indipendente, pieno di battute, personaggi simpaticissimi (alcuni molto kitsch) e molti volti noti dell’universo DC Comics come l’immancabile Superman, Lanterna Verde, Wonder Woman, Martian Manhunter, Bane, Due Facce, Poison Ivy, Clayface e ovviamente il mitico Joker, fedele miglior nemico di Batman, e la sua amata Harley Quinn.
Possiamo solo anticiparvi che assisterete a 104 minuti di scene davvero ben realizzate, divertenti, travolgenti e frenetiche (alcune, forse, un po’ troppo).
Gustatevi il trailer italiano:

Tra i doppiatori della versione italiana, compare la nota cabarettista Geppi Cucciari che dona la sua voce (con un inconfondibile accento sardo) a Barbara Gordon/Batgirl.
Per quanto riguarda il film
La qualità del Disco Blu-Ray è davvero molto elevata così come l’audio con una colonna sonora che ti trasporta nel film scena dopo scena.
Anche per i non fanatici di Batman è un film assolutamente da vedere: non possiamo che consigliarlo a tutti!

Il Blu Ray e il DVD sono già disponibili per l’acquisto sulla piattaforma Amazon.it, a partire da circa 14 euro (per la versione DVD)
La versione Blu Ray è acquistabile sia in versione 1 disco (Full HD 2D) e 2 dischi (Full HD 2D + 3D)

Ulteriori informazioni approfondimenti e curiosità sul film le potete trovare su Wikipedia

Seguono le foto del materiale ricevuto da Warner Bros.
(Recensione a cura di Sandro Damiano e Gianluca Cannalire)

Architetto con i LEGO®

Architetto con i LEGO®
di Tom Alphin
Edizioni LSWR
Traduzione di Alessandra Favazzo
186 pagine, € 24,90, volume cartonato

È appena uscita l’edizione italiana di questo volume pubblicato in USA dalla No Starch Press nel 2015. A suo tempo non l’avevo comprato in versione originale perché era un periodo che ne stavano uscendo troppi e non riuscivo più a seguire tutto.

Inizio subito dicendo che tra i libri dedicati alla costruzione di opere realizzate con i mattoncini LEGO questo è sicuramente il migliore che mi sia mai capitato di leggere.

Il libro offre una parte testuale non secondaria né ignorabile, dedicata in buona parte alla descrizione degli stili architettonici degli ultimi 500 anni. Per ogni stile trattato viene raccontata la sua storia, vengono spiegate le sue caratteristiche e mostrati diversi esempi sia di edifici reali che delle loro controparti realizzate con i mattoncini LEGO.

Per ogni stile viene inoltre presentata una piccola costruzione in microscale ispirata a un edificio reale realizzato con quello stile. Per costruire questi modelli, come spiegato nella prefazione, può tornare comodo il bellissimo set Architecture Studio, visto che la costruzione viene presentata usando esclusivamente mattoncini bianchi e trasparenti. Ma ovviamente non è necessario possedere questo set, si possono usare pezzi di qualsiasi colore. L’uso del bianco e del trasparente richiama molti dei set Architecture (e, aggiungo, anche molti degli edifici LEGO di fine anni 50 che venivano realizzati principalmente proprio con questi due “colori”).

Gli stili esaminati sono: Neoclassicismo, Prairie School, Art Déco, Modernismo, Brutalismo, Postmodernismo e Architettura High-Tech.

Per il Neoclassicisimo alcuni esempi illustrati sono la Casa Bianca e la Porta di Brandeburgo (di cui naturalmente esistono i set), l’Arco di Trionfo e le nostrane opere del Palladio. Come modello da costruire viene proposta la residenza di Monticello di Thomas Jefferson.

Lo stile Prairie School viene generalmente associato a Frank Lloyd Wright, di cui vediamo per esempio la Robie House e l’Imperial Hotel, anche questi edifici che noi AFOL conosciamo benissimo essendo stati entrambi set Architecture. Il modello proposto è la Willits House, sempre di FLW.

Per quanto riguarda l’Art Déco l’esempio più classico presentato è forse l’Empire State Building, ma anche il tipico cinema americano (che fa da base per il modello proposto, le cui istruzioni si possono trovare online sul sito dell’editore).

Passando al Modernismo due esempi che saltano subito all’occhio sono la Farnsworth House e la Willis Tower (ancora una volta due set Architecture). Come modello abbiamo la Lever House, grattacielo di New York. Vengono inoltre proposte le istruzioni per alcune strutture particolari di grattacieli modernisti: struttura portante, edificio con facciata continua e edificio alla Sullivan).

Per il Brutalismo (che non prende il suo nome da quello che potrebbe sembrare) l’esempio più interessante è l’Habitat 67. Interessante perché l’architetto Moshe Safdie ha dichiarato di aver comprato, a suo tempo, tutti i mattoncini LEGO su cui era riuscito a mettere mano perché li trovava molto adatti alla progettazione. Soprattutto i mattoncini 1×2. Due i modelli proposti per questo stile: una torre di controllo traffico aereo e la Geisel Library di San Diego.

Ci si avvicina alla fine con il Postmodernismo di cui vediamo per esempio la Sony Tower di New York. Due modelli anche qui: un edificio amministrativo ispirato all’edificio di Lugano Ransila I e l’Engineering Research Center di Cincinnati.

Infine l’Architettura High-Tech con la Sydney Opera House (di cui esistono addirittura due set ufficiali), il Walt Disney Concert Hall e… la “nostra” Stazione AV Mediopadana di Reggio Emilia, di Santiago Calatrava, che fa anche da vaga ispirazione per il modello suggerito. Con una tecnica decisamente interessante per i particolari incroci delle travi.

A chiusura del volume troviamo una breve guida al costruttore che illustra Idee (cosa costruire), scala (minifig, microscale), forme, dettagli, colori e mattoncini (come comprarli, come organizzarli…)

Presente anche una serie di brevi schede su alcuni di costruttori le cui opere sono state mostrate nel volume: Jared Chan, Rocco Buttliere, Adam Reed Tucker, J. Spencer Rezkalla e Jameson Gagnepain.

Fisicamente il volume si presenta con una solida rilegatura e un’ottima carta patinata. Anche le dimensioni sono ottime: un quadrato con lato 22,8 cm.

Pur non avendo avuto una supervisione “AFOL”, il volume è stato tradotto molto bene e buona parte dei termini tecnici viene utilizzata correttamente. A stonare rimane solo qualche colore tradotto con fantasia (“tan” diventa “marrone chiaro”) e ovviamente la parola “LEGO” usata come sostantivo nel titolo, non presente nel titolo originale “The LEGO Architect”. Ma niente di problematico.

Sebbene il volume non si concentri a livello teorico sulla microscale (e le varie MOC presentate siano realizzate in scale varie), a livello pratico, i modelli proposti con le istruzioni sono tutti in microscale. Le tecniche utilizzate per alcuni di questi modelli sono anche abbastanza avanzate (SNOT, offset) e quindi realizzare questi modelli potrebbe essere d’aiuto per familiarizzare con queste tecniche e/o con questa scala.

Concludo aggiungendo qualche nota nostrana al volume. Prima di tutto l’intervista a Tom Alphin in occasione dell’uscita del volume in USA realizzata da Domenico Franco un paio di anni fa e pubblicata sul sito di RomaBrick. E poi due immagini di un paio di MOC di due nostri abili costruttori, ispirate a due degli edifici trattati nel volume… La Robie House realizzata da Federico Cardu (a cui abbiamo dedicato anche un articolo sul sito) e la Sony Tower realizzata da Marco Cancellieri (entrambe le foto sono state scattate in occasione di ItLUG Latina 2015).

Infine, qualche extra dal sito dell’autore, la lista dei pezzi necessari sempre dal sito dell’autore, la bibliografia completa e un estratto dell’edizione italiana sul sito dell’editore.

Non vi rimane che acquistarlo sul sito dell’editore, su Amazon… o magari vincerlo (o almeno vincere uno sconto) partecipando a questo concorso aperto fino al 12 giugno!